Kumbhaka: ritenzione del respiro
Chi di noi non ha giocato a "sacco pieno, sacco vuoto" da bambino? Ecco, i Kumbhakha sono una tecnica di respirazione che ci riempie e ci svuota, proprio come si può riempire o vuotare un vaso. Kumbha in sanscrito significa proprio vaso, brocca o calice: un vaso che possiamo mantenere pieno, trattenendo il respiro a polmoni vuoti, o viceversa possiamo mantenerlo vuoto trattenendo il respiro al termine dell'espirazione. Trattenere il respiro a polmoni pieni o vuoti ha numerosi effetti sul nostro sistema nervoso centrale: con la sospensione del respiro e in generale con le tecniche di pranayama siamo in grado di quietare le agitazioni e i moti della mente, ritraendoci con l'attenzione all'interno prima e oltre successivamente, praticando quello che si chiama ritrazione dei sensi o Pratyahara. Ma quali sono gli effetti dei kumbhaka? La ritenzione del respiro non ha il solo scopo di aumentare l'ossigenazione del sangue. Fra gli effetti della ritenzione del respiro c'è quello di controllare e diffondere in tutto il corpo prana ed apana; controllare il sistema nervoso centrale, stimolare la dilatazione dei capillari del cervello per consentire una migliore circolazione La respirazione polmonare yogica è un ciclo composto da quattro fasi: Rechaka (espirazione), Rechaka Kumbhaka (ritenzione a vuoto in lo yogi rende il suo stesso essere, in forma di respiro, all'energia cosmica universale e si fonde con il Soffio Universale), Puraka (inspirazione), Puraka Kumbhaka (ritenzione a polmoni pieni, è come trattenere l'energia cosmica universale fondendola con l'energia vitale individuale individuale). Esiste poi anche un altro tipo di ritenzione del respiro che prende il nome di Kevala: si tratta di una sospensione involontaria e si trattiene il respiro con facilità come ad esempio quando si rimane senza fiato per una sorpresa o per un grosso spavento. In quell'istante l'individuo diviene tutt'uno con l'oggetto della sua attenzione, si isola dal mondo, e se questo avviene durante la meditazione in alcuni casi la sintonia con l'Infinito può condurre al Samadhi.

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